Lo spettacolo è stato costruito a poco a poco insieme al regista Orazio Condorelli, ed è venuto fuori dai miei ricordi sull’infanzia, su un mondo che oggi non esiste più: l’unità familiare, i pranzi della domenica, l’esistenza di una famiglia patriarcale nel quartiere di Santa Maria Goretti, con i suoi valori, quelli di una volta… Tutto questo prende forma nella figura di mio nonno, e nello spettacolo parlo del mio rapporto con lui, e nel raccontarlo, nel rievocare quelle atmosfere, quella gioia, il giorno del mio sesto compleanno, quella tenerezza che il nonno ha avuto nei miei confronti e che non posso dimenticare, ma soprattutto nel raccontare il dolore del distacco, è come se scavassi nella mia anima andando alla ricerca dei valori che sono rimasti dentro di me attraverso lui.
La mia esperienza di attore, che in Librino è stata la mia voglia di raccontare i miei spazi e il mio mondo, di gridare, urlare, denunciare, questa volta, in Heppybreddei, si trasforma nella ricerca di me stesso e così vado ancora più indietro, al di là di tutte le contraddizioni che ho attraversato, per ricordare, e ricordando andare alla ricerca di qualcosa che forse per qualche tempo ho perduto.
Ho sentito il calore di quei ragazzi, anche loro forse hanno tanto bisogno di essere ascoltati, come me, di recuperare qualcosa dai ricordi, come me, di superare le loro contraddizioni, come me, di dare voce ai loro spazi, al loro mondo, quasi sempre ignorato, proprio come me. Li ho spontaneamente invitati a fare teatro con me se ne avessero voglia.
L’esperienza nelle sedi carcerarie in questo senso è stata più forte (anche il 4 luglio ho recitato all’Istituto penitenziario di Acireale), rispetto a tutte le altre realtà in cui mi sono trovato a “recitare”. Infatti, il mio non è un “recitare” nel senso di prendere le vesti di altri personaggi, ma di portare me stesso con tutte le mie passioni sul palco, la mia è un’autobiografia raccontata. E sento, davvero sento, se chi mi ascolta mi comprende veramente oppure no, anche perchè non è per nulla facile farsi ascoltare dagli “indifferenti”. Quei ragazzi mi hanno davvero ascoltato e questo per me è stato davvero gratificante.
Ringrazio tutti, soprattutto Orazio Condorelli e l’Educatrice Silvana Leonforte, per essersi adoperati nell’organizzazione dello spettacolo e per aver scommesso anche loro su di me, sulla valenza della mia esperienza di vita, sulla mia voglia di riscatto, non solo per me ma anche per tutti quelli come me.
Spero di continuare lungo questo percorso, di non stancarmi mai di raccontare, e, soprattutto, di continuare a trovare qualcuno che non si stanchi di ascoltarmi.
Luciano Bruno
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