Se rimani muori, se parti sai che potresti morire. Decidi di andare, di vendere quel poco che hai, di prestare la tua vita agli aguzzini perché se c’è una minima speranza di vivere devi sfruttarla per te e per i tuoi figli. Allora sali su un qualsiasi mezzo che ti potrebbe portare dall’altra parte e passi giorni di fame, di freddo, di morte sempre in agguato. Se riesci ad arrivare rischi di essere rinchiuso in una cella, trattato come un criminale, ma forse, se sarai liberato e non sarai rispedito nell’inferno da cui provieni, potresti anche costruirti una vita dignitosa.
19.800 sono i migranti morti nel Mediterraneo dal 1988 ad oggi , 19.800 uomini, donne e bambini che sognavano, come tutti, una vita migliore. Ascanio Celestini ieri su Il Fatto aveva scritto: “A Lampedusa ci sono due buche, una per i vivi e una per i morti” le due buche sono il cimitero e il centro per l’accoglienza degli stranieri.
Oggi leggo dell’ennesima tragedia in mare, al momento si contano 93 morti e 250 dispersi, leggo di testimoni che descrivono scene di terribile sofferenza, leggo di chi ha tentato di tutto per salvare dalla morte donne incinte, bambini e uomini e leggo anche i deliri razzisti di un esponente della Lega.
Leggo i commenti degli italiani brava gente, il solito adagio che inizia con “io non sono razzista ma”.
Leggo l’appello del Papa, quello di Napolitano e quello di Letta, il solito appello che fa richiamo alla responsabilità dell’Europa.
Quanto odio dev’essere ancora rilasciato dalle menti ottuse che non accettano che il mondo dovrà cambiare in ogni modo nonostante i loro richiami ad un patetico patriottismo?
Quanti dovranno ancora morire nei nostri mari prima che si decida di cambiare l’insensata rotta di un sistema capitalistico che porta solo alla distruzione delle persone e delle risorse del pianeta?