Credo non sia corretto un confronto sul ruolo dei giornalisti che parta dal presupposto che un tempo c’era un giornalismo eroico e oggi dei postini. Da laico apprezzo moltissimo il messaggio di papa Bergoglio: “Non abbiate paura, insieme troveremo la forza”. La crisi e – soprattutto – le tecnologie stanno trasformando l’Italia, l’Europa, l’intero pianeta. Inutile piangersi addosso. Chi è giovane si informa sulla tastiera da 5 pollici di uno smartphone, non sul Corrierone formato lenzuolo e a quanto pare vede poco pure il Tg1 delle 20, un tempo momento rituale della famiglia italiana (e pure questa, quasi quasi, esiste più). Allora che fare? Mi permetto di fare due osservazioni e una proposta.
1. I fondamenti del giornalismo non sono cambiati. Al centro del nostro mondo bisogna mettere – o se preferite, rimettere – la notizia, la sua verifica e, soprattutto, il contesto nel quale la inseriamo. Questo dobbiamo fare. La notizia, ormai anche in tv, è stata sostituita dal “retroscena”. Personalmente diffido anche del citizen journalist che è un testimone più o meno tecnologico di un fatto. Niente di più. I giornalisti non si limitano a raccontare, ma analizzano, contestualizzano, criticano. Mi sembra che non ci sia niente di successo come il giornalismo tradizionale, siano le inchieste di Iacona o i settimanali popolari di Cairo (per inciso, forse l’unico editore che va a gonfie vele).
2. Fnsi e istituti di categoria. La loro autonomia è una ricchezza autentica per i giornalisti, che lo capiscono spesso solo quando ne hanno bisogno. Una categoria che, attraverso il contratto, garantisce prestazioni di welfare di altissimo livello sa su quali basi ripartire. Non ci piangerei addosso, ma i servizi che Fnsi, Inpgi, Casagit e Fondo assicurano agli iscritti sono importantissimi e vanno sviluppati. Dentro e fuori dalle redazioni, chi vive di giornalismo ha bisogno di sicurezza, di un sindacato ancora più forte e vicino anche ai bisogni concreti dei giornalisti e delle loro famiglie.
La proposta. Serve rimettersi assieme, rilanciare il sindacato dei giornalisti, la Fnsi, rottamando (si può dire?) le componenti che dagli anni Settanta a oggi ne sono l’ossatura. E’ necessaria una visione più larga, non ideologica, anche di servizio. Un’aggregazione che tuteli la libertà di informazione, il cittadino-lettore, ma soprattutto il giornalista che rischia di essere solo contro editori convinti che la notizia sia un prodotto come un altro. Come un’assicurazione, un telefonino, un mattone (i tre riferimenti, non sono casuali). Purtroppo siamo ancora a questo punto. I nostri interlocutori – gli editori – sono privi di idee e coraggio di sperimentare nuovi prodotti e percorsi. Ogni giorno anche quelli che un tempo erano considerati illuminati, parlano solo di tagli e risparmi. Nessun progetto di sviluppo, nessuna strategia. Ecco, questo è il vuoto di idee che va riempito, senza paura.
* vicepresidente Casagit
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