Per salvare la nostra professione abbiamo bisogno di un sindacato più forte, di una Fnsi ancor più autorevole, capace di rappresentare una categoria che è radicalmente cambiata. Ho sempre pensato che avere un sindacato unico e unitario sia l’ultima ricchezza, l’ultimo grande privilegio della nostra bistrattata ma sempre fascinosa e amata professione. Una professione che crisi e nuove tecnologie hanno reso quasi irriconoscibile da quando molti di noi l’hanno cominciata. Una professione ieri fatta di presunti privilegiati che facevano “il lavoro più bello del mondo” ed erano pure ben pagati, oggi piena di ex ragazzi di trenta o quarant’anni che non verranno mai assunti da nessuna parte e mettono assieme a fatica il pranzo con la cena. Piena di redattori che lavorano più ore dell’orologio e hanno trattamenti economici “depotenziati”. Piena di colleghi di 58/60 anni che vengono prepensionati (cioè cacciati fuori) quando forse potrebbero ancora dare il loro contributo di esperienza e di idee.
In questo quadro avere un sindacato unico e unitario è un tesoro che molti colleghi non si accorgono nemmeno di avere a disposizione, una risorsa preziosa e importante della quale si ricordano magari solo quando hanno bisogno di qualcosa, un capitale umano e ideale che per rimanere tale deve essere coltivato e preservato innanzitutto da se stesso.
Oggi, mentre la battaglia al tavolo del rinnovo contrattuale sembra essere volta più a non farci togliere ancora qualcosa, che a conquistare nuovi diritti e migliori trattamenti anche economici, oggi anche la nostra Fnsi è un bivio. Se come giornalisti da sempre critichiamo la politica che non sa rinnovarsi, diciamo – per restare all’eufemismo – che a casa nostra e nelle nostre cose non sempre diamo il buon esempio. La politica e i partiti muoiono (anche) di correnti, il sindacato è affetto da quella malattia antica chiamata componenti. E’ bello leggere in questo utilissimo forum (grazie Stefano, grazie Beppe…) autorevoli esponenti di queste ultime schierarsi contro la “gabbia delle componenti”, dire che vanno renzianamente rottamate. Speriamo che alle parole seguano i fatti. Magari già al prossimo congresso.
Da parte mia, sogno una Fnsi nella quale ci si divida sulle idee e non sul fatto che tu sei della componente x e io di quella y. Una Fnsi nella quale, se serve, se è utile, si faccia anche baruffa sulle strategie da adottare, sul modo per contrastare le politiche spesso ottuse degli editori, su come difendere i nostri diritti e lottare per la salvaguardia delle libertà che non sono nostre ma di tutti. Non è più il tempo di una Fnsi dell’uomo solo al comando, nella quale le componenti sono solo un sistema di spartizione di piccoli posti di piccolo, presunto potere, nella quale il grande patrimonio e l’indubbio potenziale del sindacato unitario rischiano di venire dispersi. In altre sedi si discute spesso dell’etica della professione da recuperare. Diciamo allora che l’etica va ritrovata anche nei nostri enti di rappresentanza. Nei quali, al consiglio nazionale dell’Ordine (organismo pletorico, ma non è questa la sede…) come nella giunta della Fnsi, non sia considerato normale e dunque normalmente accettato che chi può mettersi ai sensi del contratto in permesso sindacale (e dunque non perdere nemmeno un euro del proprio stipendio) incassi pure fior di gettoni di presenza. Neanche fossimo nel cda di una grande azienda…
C’è bisogno di una svolta. Anche nelle piccole cose. Per sopravvivere.
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