Rai: modello Perugia?

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C’è un dibattito che sta prendendo quota in questi primi giorni d’agosto, quasi non bastassero quelli che già ci attraversano e contrastano la giusta voglia di prendersi qualche giorno di pausa. Monta il dibattito tra giornalisti, cioè quella categoria da sempre così piena di grazia reciproca che nel 1908 fece nascere la Federazione Nazionale della Stampa, cioè il suo sindacato unitario, anche per mettere fine ai duelli tra colleghi. Insomma non siamo gente col sangue annacquato e ogni tanto ci riprende la voglia di martoriarci l’un l’altro. Premessa lunga ma spero utile per iniziare a spiegare perché tra Ordine dei Giornalisti e sindacato dei giornalisti Rai, l’Usigrai, stiano volando parole pesanti. Oggetto del contendere l’accordo tra Usigrai e Rai, benedetto dalla Federazione della Stampa ma anche dall’Inpgi, cioè la nostra previdenza e dalla Casagit, l’assistenza sanitaria. Un accordo che permetterà – finalmente – di fare nuove assunzioni e una selezione aperta a tutti i giornalisti italiani. Sembrerebbe una cosa buona, soprattutto in tempi così difficili per l’occupazione giornalistica, eppure una parte di quell’intesa sta suscitando proteste da parte di colleghi che se ne sentono esclusi e addirittura volano minacce da parte del Presidente dell’Ordine di agire contro la scuola di giornalismo di Perugia, sostenuta proprio dalla Rai. Trentacinque dei colleghi che finalmente troveranno un posto di lavoro in Rai, infatti, provengono da quella scuola, a sua volta sotto l’egida dell’Ordine Giornalisti ma sostenuta economicamente dall’azienda titolare del Servizio Pubblico radiotelevisivo. È una scuola aziendale o no? Questo il nocciolo. Possono essere assunti dalla scuola per lavorare in redazioni Rai colleghi che hanno superato una dura selezione per entrare a Perugia e poi sono stati formati in modo specifico per lavorare in Rai? La risposta sta nella domanda anche se la questione non è così semplice. Dice l’Ordine: le scuole sono tutte uguali e la Rai e’ l’azienda di servizio Pubblico. Ma la Rai e’ un’azienda privata che per convenzione, rinnovata periodicamente, svolge il compito di sostanziare il Servizio Pubblico radiotelevisivo attraverso le sue reti, con telegiornali e trasmissioni che – come accade in tutto il mondo civile – diano spazi anche a quanto non fa solo audience ma fa di più.. Se la Rai ha avuto la lungimiranza di investire in una scuola di giornalismo, della quale hanno beneficiato anche altri network e giornali “pescandoci” tanti giovani colleghi, perché non può attingere a quel bacino, nel quale investe milioni di euro, in via prioritaria? Se ci pensiamo bene viene accusato chi fa qualcosa e dimenticato chi non fa nulla per dare un orizzonte di merito ai giovani che vogliono fare questo mestiere. Perché l’Ordine, che deve andare a una riforma profonda se vuole sopravvivere, non si fa anche agente di stimolo verso altri grandi gruppi editoriali? Perché a Milano Il Corriere o La Repubblica non investono qualcosa nella formazione puntando sulla scuola di Giornalismo del capoluogo lombardo? Perché La Stampa non fa altrettanto con il Master di Giornalismo subalpino? A Napoli potrebbe farlo il Mattino, anche li’ c’è una scuola di giornalismo… Insomma da “mamma” Rai ci si aspetta sempre un dolcetto gratis, con gli altri sembra più difficile alzare la voce salvo poi biasimarli quando riempiono le redazioni di collaboratori pagati un soldo di cacio.  Ma soprattutto, per concorrere a creare un nuovo mercato dell’occupazione giornalistica, perché non proviamo uno scatto di coraggio? Non credo le scuole siano, o debbano essere, l’unica via per accedere al nostro mestiere ma credo che l’Ordine dei Giornalisti debba lavorare, insieme al Sindacato e a tutti i nostri enti, per collegarle al mondo del lavoro. Così il “caso Rai e scuola di Perugia” diventerà la prima traccia di una strada finalmente utile e non, come appare oggi da tante autorevoli voci, un’eccezione e una polemica in piu’ per confermare regole da rivedere.

* Presidente Casagit


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