Su genere e identità del servizio pubblico radiotelevisivo

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VERSO IL CONVEGNO DEL 2 LUGLIO AL CNEL (Art.21/Fondazione Di Vittorio) – Nel contratto di contratto di servizio RAI 2010-2012 compare per la prima volta nella storia della nostra televisione pubblica “il principio di genere”, vale a dire una serie di punti a garanzia di una paritaria e reale rappresentazione delle donne, nati da una domanda e una denuncia presenti nel dibattito pubblico: che cosa vogliamo, le donne, quando si parla di questione femminile nell’informazione pubblica nel nostro paese? Alle soglie della scadenza del contratto ed in vista del suo rinnovo, la verifica dell’applicazione di questi punti e dei suoi risultati è ancora senza riscontro. Da anni, lavoro intensamente con la società civile delle donne, le reti professionali e di categoria, sulla “rappresentazione di genere nella Tv pubblica”. Questo che segue, è il mio contributo al convegno promosso da Articolo21 e dalla Fondazione Di Vittorio, ed all’appello lanciato dal coordinatore del Gruppo di lavoro Renato Parascandolo.

La riflessione sulla mission del servizio pubblico radiotelevisivo, alla luce dell’urgenza di rifondarne l’identità e vocazione smarrite proiettandole nel futuro, e dei cambiamenti tecnologici avvenuti ed in divenire nel mondo mediatico, non può prescindere dall’accoglienza del punto di vista di genere e del principio della Differenza, nel quadro ampio di coinvolgimento dei soggetti sociali, cittadini e cittadine, protagonisti e fruitori della televisione pubblica.
Non si tratta qui per me di semplice rivendicazione femminista, bensì di affermare con forza un assunto di fondamentale portata generale, poiché è chiaro che:
– solo un servizio pubblico informativo la cui identità e vocazione comprendano sin dalle fondamenta l’assunzione dei due punti di vista, maschile e femminile, riuscirà nell’obiettivo di rifondare veramente e compiutamente se stesso, attribuendo un nuovo e dinamico valore alla sua mission storica (informare, educare, intrattenere), alla sua necessità di proiettarsi nel presente-futuro (connettere);
– solo un servizio pubblico fondato sull’assunzione del principio della Differenza potrà porre basi solide alla sua capacità/responsabilità di tenere in conto ed essere espressione di tutte le istanze presenti nella società, innescando quei meccanismi virtuosi di trasmissione di sapere/saperi rispettosi dei generi e delle differenze, di rappresentazione dei soggetti sociali con la visibilizzazione dei gruppi fragili sinora esclusi e oscurati, di risposta alle domande poste dal mondo globalizzato, che formano e conformano la sua mission informativa, conferendogli un’identità chiara e riconoscibile.

Dopo la lunga stagione di smarrimento d’ identità per l’appiattimento sul “pensiero unico” che ha oscenamente amalgamato tv commerciale e tv pubblica nel segno del “profitto”, garantito dall’assenza di qualsiasi intervento legislativo atto a risolvere il conflitto d’interesse alle sue spalle – una questione che rimanda direttamente anche al rapporto tra informazione e potere/poteri -, la finalità della mission di una RAI “rifondata” non può che essere il “Diritto alla Conoscenza/Conoscenze”, leva per l’avanzamento e la crescita di una società di uomini e donne, bene comune solidale, specialmente sensibile e attento al sentire delle generazioni più
giovani.
Sono loro, il cuore e la responsabilità principale della riflessione sul nuovo servizio pubblico radiotelevisivo, e la domanda da cui partire nel segno della Differenza è : cosa vorrei per i miei figli e figlie ?

Partiamo da zero? Non è così. In questi anni, la società civile delle donne ha molto riflettuto su quale mission e quale prodotto distingue l’informazione del servizio pubblico radiotelevisivo da quella della televisione privata e commerciale. Ha denunciato ed elaborato proposte.
Faccio qui riferimento al lavoro condotto da associazioni, gruppi, coordinamenti, commissioni pari opportunità, reti, associazioni professionali, ong femministe e femminili, istituti universitari di genere, gruppi di volontariato, arricchito anche dalla relazione con:
1. quanto prodotto dal movimento delle donne e dalle reti informative di diversi paesi del mondo occidentale, coinvolte nei processi di riforma dei locali sistemi radiotelevisivi pubblici;
2. quanto previsto dalle politiche di Genere e Media dell’Unione europea (2.1) e degli organismi internazionali quali l’ONU (2.2)
2.1) La risoluzione del Parlamento Europeo 13 marzo 2012 sulla parità tra donne e uomini nell’Unione Europea – 2011/2244/INI evidenzia l’importanza di promuovere la rappresentazione dell’immagine femminile in modo che rispetti la dignità delle donne e di lottare contro i persistenti stereotipi di genere, in particolare contro la prevalenza di immagini degradanti, nel pieno rispetto della libertà di espressione e della libertà di stampa.
2.2) Il Comitato CEDAW delle Nazioni Unite ha più volte raccomandato all’Italia di adottare una strategia politica completa e coordinata per contrastare la rappresentazione stereotipata e sessista di donne e uomini, in particolare nei media e nel settore pubblicitario;
3. quanto elaborato da esperte, come Margareth Gallagher, riconosciuta tra i maggiori specialisti europei e mondiali di Gender e Media, componente tra l’altro dei due Stering Committee for Equal Opportunities della Commissione Europea, e dello staff editoriale de The International Journal of Communications Studies (3.1).
(3.1) “La principale cornice di tali politiche in senso globale è fornita dalla Bejing Platform for Action ( BpfA) adottata all’unanimità dal 189 stati membri delle Nazioni unite durante la Quarta Conferenza Mondiale sulle donne, nel 1995. La piattaforma BpfA identifica nei media e nelle comunicazione una delle 12 “aree critiche di interesse” da prendere in considerazione (…).

La Conferenza di Pechino ha segnato un punto di svolta nelle rivendicazioni femminili circa i media e la comunicazione. Per esempio, ha introdotto il concetto di donne come attori-chiave nel campo dei media, informazione e ITC, sia a livello tecnologico che di policy making.(…). –
Estratto dall’intervista a Margareth Gallagher, pubblicata su “E tu di che talento sei?”, – Che servizio pubblico radiotelevisivo vogliamo? Manifesto per una plurale visione e rappresentazione della figura femminile in tv, a cura del Gruppo Informazione Comunicazione Pluralismo della Consulta Femminile Regionale del Lazio, coordinatrice Nella Condorelli, Roma 2011

Network al lavoro
Cito le esperienze condotte in questi anni da tre network, composti da numerosissime associazioni, operanti in ambiti d’intervento differenti, – informazione, comunicazione, pubblicità -, rappresentative di migliaia e migliaia di donne attive sul territorio, che da tempo raccolgono il netto disagio femminile sul prodotto informativo fornito, con poche eccezioni, dai canali del servizio pubblico. I network hanno attivato anche una pratica di lavoro sinergico e di scambio, in collegamento tra loro e con reti europee ed internazionali, e sono concentrati sui vari aspetti inerenti la rappresentazione non discriminatoria e pregiudizievole delle donne, native e migranti, e del ruolo femminile nella società, sul linguaggio e gli stereotipi, spesso anche alla base di violenza di genere e violenze.
1. “Appello Donne e Media”, rete indipendente che associa singole esperte, associazioni, commissioni pari opportunità, istituti universitari di genere, promossa con l’intervento della Commissione Pari Opportunità del Ministero dello Sviluppo Economico, ha lavorato agli emendamenti che hanno inserito il “principio di genere” nel contratto di servizio pubblico RAI 2010-2012.
2. “Accordo di Azione Comune per la Democrazia paritaria”, rete indipendente sottoscritta da 52 associazioni nazionali, cpo, testate giornalistiche con ottica di genere, cartacee ed online, singole esperte, lavora sul filone “informazione” nell’ambito delle azioni condotte per la democrazia paritaria nel nostro Paese. Ha avviato nella scorsa legislatura un Tavolo di confronto con la Commissione Parlamentare per l’Indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
• L’azione positiva condotta dall’Accordo, a partire dal novembre 2011, ha posto tra l’altro la questione della par condicio “di genere” nelle trasmissioni e nelle tribune politiche, in rispetto a quanto previsto dalla Costituzione. L’azione ha coinvolto la Commissione Parlamentare di Vigilanza RAI , innescando un meccanismo che ha portato all’approvazione di un emendamento alla legge della “par condicio” per garantire la paritaria presenza uomo-donna nelle trasmissioni politiche, e l’inserimento del principio nella legge di riforma delle elezioni comunali e regionali.
L’azione condotta ha inoltre stimolato il monitoraggio condotto dall’ Osservatorio di Pavia sull’immagine delle donne nell’attuale servizio pubblico radiotelevisivo, concluso nel 2012. Il network è in attesa delle diffusione dei risultati da parte dell’attuale CdA RAI alfine di poterli valutare, ed identificare le successive strategie. Notiamo con preoccupazione che, nonostante le ripetute assicurazioni, l’attuale CdA Rai e la sua presidente Tarantola non hanno ancora diffuso
tali risultati.
3. “Tavolo Donne nei Media” promosso dalla Commissione Diritti e Pari opportunità ARS con la Commissione Nazionale Parità FNSI e l’adesione del CUG del Ministero dello Sviluppo Economico, della CPO RAI, di reti professionali di giornaliste, di associazioni femministe e femminili, di organismi universitarie di genere, di scuole, di studentesse

• “(…) Riconosce e sostiene le campagne dalla parte dei cittadini e cittadine mirate ad ottenere un servizio pubblico radiotelevisivo all’altezza del suo compito e della sua funzione, che non può prescindere dall’applicazione concreta nei palinsesti delle diverse reti Rai Radiotelevisione Italiana di quanto intanto previsto nell’attuale contratto di servizio pubblico 2010-2012 in relazione al principio di genere. (…) Promuove e collabora con organismi culturali, istituti scolastici di ogni ordine e grado, università, coordinamenti di insegnanti, coordinamenti studenteschi, e quante/i operano nella cultura e nell’istruzione per un sapere inclusivo, paritario e rispettoso delle differenze di genere.”. Estratto dalla Dichiarazione di Intenti sottoscritta dalle componenti il Tavolo Donne nei Media, 2011

Strumenti
Alla luce di tutto ciò, ritengo che che per un efficace partecipazione femminile “dal basso” e per una democratica inclusione del punto di vista di genere nella riflessione sull’identità e a mission del servizio pubblico radiotelevisivo, occorra un percorso specifico che, raccogliendo ed implementando l’esistente, si ponga un orizzonte in più, mettendo insieme forme tradizionali di analisi e confronto, conoscenze e esperienze specifiche, utilizzo dei social network.
Sintetizzando, tale percorso – che si configura come un vero e proprio progetto fondato sull’interconnessione di questi elementi, con un focus sulle giovani e le adolescenti,– sarebbe in grado di rendere visibile ed accessibile:
a.) la libera espressione della percezione che le donne e le ragazze del nostro Paese hanno del servizio pubblico radiotelevisivo,
b.) la raccolta e valutazione di quanto elaborato e prodotto collettivamente,
c.) il nuovo contributo e proposta delle donne su quali la mission e l’identità del servizio pubblico radiotelevisivo proiettato nel futuro.
La posta in gioco è l’effettiva applicazione del dettato costituzionale, che costituisce la cornice principale di riferimento, laddove sancisce il “diritto ad informare ed essere informati/e”, il ruolo della Repubblica nella rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono il raggiungimento
dell’uguaglianza, e la messa in atto degli strumenti necessari a garantire pari opportunità a tutte e tutti, quali garanzia di eguali punti di partenza anche nell’accesso e godimento di ogni diritto previsto.


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