VERSO IL CONVEGNO DEL 2 LUGLIO AL CNEL (Art.21/Fondazione Di Vittorio) – In queste ultime settimane in Francia si e ‘parlato spesso di “eccezione culturale”. In estrema sintesi: la Francia ritiene indispensabile sottrarre all’accordo commerciale in via di stipulazione fra Europa e Stati Uniti il settore della cultura,del cinema, dell’audiovisivo. L ‘idea guida e’ che un accordo di libero scambio commerciale ,vantaggioso in tutti gli altri settori dal punto di vista economico,ha pero’il rischio di omologare al ribasso tutta la produzione dell’audiovisivo in Francia e in Europa. Difendere le produzioni nazionali sarebbe invece non soltanto una esigenza a protezione di una sorta di biodiversità intellettuale ma favorirebbe anche economicamente un settore altrimenti destinato ad essere spazzato via dai giganti di hollywood.
E’ un discorso che riguarda pienamente il ruolo delle tv pubbliche in Europa. innanzitutto perche’ in Francia come in Italia il sistema televisivo pubblico ha fra le sue missioni quello di promuovere il cinema nazionale .Ma aldila’ del cinema e’il principio generale che va capito.
Abbiamo davanti due modelli fra loro molto diversi: quello americano dove la tv pubblica e’ residuale e le grandi tv private svolgono un ruolo “pubblico” rispondendo ad alcuni criteri per avere la concessione e sottoponendosi a un rigoroso controllo antitrust per evitare situazioni di monopolio. E quello europeo dove prevale ovunque un sistema televisivo pubblico che oscilla fra tv di stato ( direttamente controllata dal governo) e tv pubblica con sistemi piu’o meno efficienti di garanzie di indipendenza. Aldila’ delle differenze fra stato e stato l’idea condivisa in europa e’ che l’informazione radiotelevisiva e la produzione audiovisive sono troppo importanti per essere lasciate completamente al dominio del libero mercato. L’eccezione culturale si applica da anni in europa sottraendo questo ambito al privato e definendo uno spazio pubblico dove prevale l’interesse del cittadino utente(e non a caso il pagamento del canone e’ una vera e propria tassa:in francia ad esempio la si paga assiema alla tassa sulla casa e chi non la paga e’ sanzionabile come un evasore fiscale). Naturalmente ogni stato europeo ha modulato diversamente il proprio servizio radiotelevisivo pubblico. La Francia , che per molti aspetti assomiglia al sistema italiano ,ha deciso di privatizzare un canale nel 1975. Ha fatto un concorso pubblico con audizioni pubbliche (trasmesse in diretta,e allora non era ancora di moda lo streaming) per scegliere a quali dei privati in gare assegnare il primo canale tv,tf1. Al privato fu venduto il 50 per cento del canale,il 30 per cento fu venduto in borsa. E circa il 15 per cento venduto a dipendenti o ex dipendenti della tv a un prezzo di favore rispetto alla quotazione di borsa. La tv pubblica da allora si chiamo’ France televisions e inglobo’ fr2 fr3 e la radio. Una procedura trasparente che ha dato vita a una sistema misto,con una presenza di privati a fianco di un forte sistema pubblico. Un sistema che diventa pilastro,secondo la concezione francese, di una eccezione culturale che non esclude il mercato ma che garantisce a tutti i cittadini uno spazio informativo e culturale pubblico sottratto ai vincoli economici. Un po’ come l’acquedotto pubblico.ognuno e’libero di acquistare la bottiglia di acqua minerale che gli piace,ma tutti devono avere accesso a una fonte pubblica di acqua corrente erogata da un servizio pubblico.