di Antonio Maria Mira*
“Mio fratello Peppino è patrimonio di tutti, non solo di una parte. Peppino è di tutti, le sue idee sono di tutti, non solo di alcuni militanti politici che fanno riferimento alla sinistra radicale. La pace, la fame nel mondo, l’ambiente, i beni comuni. È un peccato fossilizzarlo, ingabbiarlo all’interno di un’ideologia». Parole importanti quelle di Giovanni Impastato”. Il fratello Peppino, 30 anni, famiglia mafiosa di Cinisi, ma impegnato con la sua Radio Aut nella denuncia contro i clan, venne ucciso da “cosa nostra” il 9 maggio 1978, lo stesso giorno di Aldo Moro. Un omicidio mascherato, come se stesse facendo un attentato, una tesi sostenuta da gravi depistaggi di esponenti delle forze dell’ordine («Su questi attendiamo ancora la verità», dice Giovanni). Militante di Lotta continua e poi di Democrazia proletaria, Peppino Impastato è da sempre considerato un’icona della sinistra radicale, ricordato nel famoso film “I cento passi”, che si chiude col corteo che attraversa Cinisi coi pugni alzati. Domani, invece, il paese sarà attraversato dalla manifestazione organizzata da “Avviso pubblico” con decine di sindaci provenienti da tutta Italia. Questa sera vi sarà una veglia di preghiera presieduta dal vescovo Alessandro Plotti, amministratore apostolico della diocesi di Trapani. Perché, dice Giovanni con convinzione, «si può anche pregare attorno a Peppino».
Come vorrebbe che fosse ricordato suo fratello?
«Vorrei che fosse ricordato per le cose che ha fatto, per il suo impegno attualissimo. Questo non vuol dire rinnegare le sue idee politiche. Che la sinistra radicale rivendichi la sua figura è sacrosanto, ma noi dobbiamo trasmettere quel messaggio a tutti».
In che modo?
«Aprendo un dialogo con tutti. Peppino è stato un po’ mitizzato, dal film, da trasmissioni tv, da alcuni scritti, ma era solo un ragazzo animato dalla grande voglia di legalità e giustizia, così come tanti giovani oggi. Ha vissuto in un’epoca diversa, anticipando i tempi. E allora stiamo assieme sulle battaglie che Peppino portava avanti e potremo cambiare la società».
Il “no Tav” immortalato dalle immagini tv mentre provocava insultando un carabiniere, disse che lo avrebbe fatto anche Peppino Impastato. Lei reagì dicendo che non era vero.
«Io non mi sono schierato contro i “no Tav”. Ma quella era una provocazione gratuita in un momento difficile nel quale non doveva essere fatta. Peppino faceva il disobbediente non violento. Non andava a provocare i poliziotti. E credeva nel dialogo con le istituzioni, ed è quello che alcuni oggi non capiscono».
Anche vostra mamma Felicia voleva che venisse ricordato così.
«È vero ed è una battaglia che sto continuando, insieme ad alcuni compagni di Peppino, non tutti… I tempi sono cambiati, bisogna avere un approccio nuovo, soprattutto con le nuove generazioni. Peppino era molto avanti, se noi lo facciamo regredire commettiamo un grave errore».
Così si può anche ricordare suo fratello pregando…
«La veglia di preghiera organizzata insieme all’Azione cattolica di Cinisi ha sorpreso tutti. C’è voluto coraggio. Pensate, Peppino comunista, considerato ateo… e invece è stata una cosa molto bella. Un segnale forte di dialogo, che molti non capiscono. Non è un modo per strumentalizzare Peppino. Lui ne esce come un gigante».
Pensa che questo piacerebbe a suo fratello?
«Sicuramente. Sarebbe felicissimo. Era comunista, ma solo i comunisti si devono avvicinare alle sue idee e gli altri devono starsene a casa? No. Mio fratello non aveva il paraocchi. Diceva “ma che lotta di classe, qui bisogna insegnare alla gente cosa è un paesaggio prima che sia distrutto”. Vengono i brividi a leggere quelle parole. Già si vede un Peppino che va oltre. Oggi combatterebbe per l’acqua, la natura, il rispetto dell’ambiente, la salvaguardia del creato, per lasciare un mondo migliore. Battaglie che trovano il mondo cattolico in prima linea».
Cosa le è mancato in questi anni?
«Tutto. Peppino dentro di me ha lasciato un vuoto enorme. Insieme avremmo potuto fare molte cose. Però devo dire, senza retorica, che questo vuoto è stato colmato dall’interesse che tanti giovani hanno per lui. Quando vado nelle scuole e vedo i ragazzi che si emozionano nell’ascoltare la sua storia, che mi fanno domande, che si impegnano, in ognuno io vedo mio fratello e il vuoto viene colmato. Il vero dialogo con Peppino, quel dialogo che spesso mi veniva a mancare per il nostro difficile rapporto di comunicazione, paradossalmente è iniziato il 10 maggio, quando lui non c’era più. E oggi in ogni ragazzo che vuole capire e lottare io vedo mio fratello».
Pensa sia stata raggiunta la piena verità sull’omicidio di suo fratello?
«Mi batterò per capire come mai tutte le persone che hanno dato un contributo a livello giudiziario per risolvere il caso sono state uccise, una dopo l’altra. E invece quelli che hanno depistato le indagini sono stati tutti premiati e sono vivi».
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