La televisione pubblica, insieme alla previdenza sociale e alla sanità, è un tratto distintivo del welfare europeo. In particolare, la Rai ha svolto un ruolo essenziale nell’unificazione della lingua, nella lotta all’analfabetismo, nell’acculturazione di grandi masse, nella formazione della classe media, nel rafforzare il senso dell’identità nazionale.
A partire dagli anni Ottanta, la nascita e la crescita impetuosa delle emittenti private ha conferito una nuova missione al servizio pubblico: temperare gli effetti socialmente dannosi di un modello commerciale fondato sulla produzione di pubblico da vendere alle agenzie di pubblicità. Per contrastare la riduzione a “merce” del cittadino-telespettatore, la Rai avrebbe dovuto preservare la sua funzione pubblica invece che scimmiottare un modello di televisione fondato sulla coincidenza di qualità e quantità, quindi a prescindere dai contenuti e dal loro valore.
La progressiva e inarrestabile occupazione da parte delle forze politiche ha accentuato il processo di snaturamento dei compiti e delle finalità del servizio pubblico. Sono più di dieci anni ormai che la Rai ha smarrito la sua identità: non più servizio pubblico non ancora del tutto televisione commerciale. Di fronte a una crisi strutturale che ha radici lontane non sarà certamente un semplice ricambio dei vertici aziendali che potrà invertire la tendenza al declino.
La Rai attuale è, dunque, priva d’identità e ha smarrito la sua missione; pertanto, ha bisogno di una vera e propria rifondazione. La scadenza del Contratto di servizio (dicembre 2012) e la prossima scadenza della concessione decennale (2016) è l’occasione per dare vita a una discussione, la più ampia possibile, sul futuro della Rai, sul compito che è chiamata a svolgere nell’epoca dei nuovi media e delle nuove forme di comunicazione.
Per evitare che la definizione del nuovo Contratto di servizio resti confinata nell’aula della Commissione Parlamentare, quindi proprio di quell’organismo che è all’origine dello snaturamento del servizio pubblico, si propone di aprire una consultazione di massa sul futuro della Rai coinvolgendo in primo luogo la scuola e le associazioni culturali del paese. Si tratta, in primo luogo di definire sinteticamente e in termini istituzionali, una nuova “mission” per la Rai indicando le linee guida e i valori ai quali dovrà ispirare la sua programmazione e la sua attività. Insomma, qualcosa di analogo, anche nella forma, a un articolo della Carta costituzionale oppure, se si preferisce, alle dieci righe che definiscono la mission della BBC.
L’idea è che Articolo 21 promuova, d’intesa con il Ministero della Pubblica Istruzione e con altre istituzioni e associazioni culturali, un “concorso” per la migliore definizione, in non più di mille caratteri, della carta dei valori della Rai, una carta di identità che ne delinei il profilo per i prossimi dieci anni.
Una commissione di esperti indipendenti, formata con modalità da stabilirsi, selezionerà la migliore definizione di “mission” per consegnarla, prima della ratifica del nuovo contratto di servizio, nelle mani del Presidente della Commissione parlamentare, ed eventualmente, del Capo dello Stato.