Il Ministro Di Paola e tutta la struttura della Difesa non hanno mai accettato un confronto diretto con la nostra campagna “Taglia le ali alle armi”, che vede oggi confermato il proprio allarme su costi e impatti del programma JSF. Per bocca del generale De Bertolis apprendiamo un aumento (ovvio) di costi e dubbi sul futuro. La Rete Italiana per il Disarmo – ancora una volta – rinnova la richiesta di trasparenza in Parlamento e confronto diretto con la società civile sul programma militare più costoso e problematico della storia. Nel quale vengono buttati anche miliardi di euro dei contribuenti italiani.
I cacciabombardieri d’attacco F-35 di produzione internazionale costeranno più del previsto, ma soprattutto molto di più (almeno il doppio, valutando le stime) di quello che era stato dichiarato dal Ministero della Difesa in un’audizione ufficiale alla Camera dei Deputati nello scorso febbraio. Il dato non stupisce la Rete Italiana per il Disarmo (promotrice della campagna “Taglia le ali alle armi” dedicata al caccia JSF ed al tema delle spese militari) che da sempre sostiene una forte e sospetta sottostima dei costi dichiarati dal nostro Governo per l’acquisto di questi aerei.
Quello che stupisce è che oggi l’ammissione viene direttamente dal Generale De Bertolis (Segretario Generale della Difesa cioè responsabile delle acquisizioni di armamenti per il nostro paese) che lo ha dichiarato in una lunga intervista al magazine Analisi Difesa. Per la sola configurazione standard (quindi con tutta una serie di elementi ancora da aggiungere) si parla di un costo tra i 100 e i 107 milioni di euro, cioè oltre il 25% in più di quanto dichiarato a Febbraio 2012 dagli stessi esponenti della Difesa.
“L’ammissione avviene quindi per bocca dello stesso Generale che pochi mesi fa, insieme ad altri esponenti dell’Aeronautica, aveva cercato di gettare acqua sul fuoco delle polemiche e delle richieste di chiarimento provenienti in particolare dalla nostra Campagna – afferma Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – questo ci spinge ancora una volta a richiedere un confronto diretto con il Governo e una riflessione forte sul tema delle spese militari. In questo periodo di crisi e sacrifici siamo sicuri che siano il miglior modo per spendere i soldi pubblici?”
Le cifre fornite dalla Difesa nel corso degli ultimi anni, senza un aggiornamento costante del Parlamento, da sempre sono ritenute poco realistiche dalla campagna “Taglia le ali alle armi” che ha fornito invece numerose stime e aggiornamenti sul programma derivando i dati da documentazione ufficiale degli USA (i capofila del progetto – tutte le informazioni sono su www.disarmo.org/nof35).
“Da questi dati si evince come il progetto F-35, presentato ufficialmente al parlamento italiano a prezzi ridotti, appare invece crescere costantemente rispetto ai costi iniziali, analogamente come è già avvenuto nel passato per altri aerei (a suo tempo il Tornado e poi l’Eurofighter) – sottolineaMaurizio Simoncelli dell’istituto di ricerca Archivio Disarmo – Sarebbe ora che il Governo e il Parlamento mostrassero senso di responsabilità almeno nei confronti dei cittadini italiani costretti a forti sacrifici, terminando questa serie di dati parziali e rivendendo la propria decisione”.
I dati forniti da “Taglia le ali alle armi” si sono sempre rivelati più precisi e realistici di quelli ufficiali, forse rilasciati in maniera imprecisa proprio per coprire ed avvantaggiare la continuazione del programma (favorito anche internazionalmente da forti agganci e sostegni di natura politica ed industriale). “Ma questa scarsa trasparenza continua – riprende Francesco Vignarca – visto che non ci sono notizie certe sulla firma dei contratti e sulla loro portata, sia per quanto riguarda i primi aerei messi in produzione sia per i pezzi delle tranche successive”. E nemmeno il tanto vantato ritorno industriale ed occupazionale nello stabilimento FACO di Cameri (seconda giustificazione forte alla continuazione del programma, dopo le penali rivelatesi poi fasulle) sembra rimanere allo stesso livello di quanto dichiarato. Lo si coglie nelle parole del Generale De Bertolis che nella già ricordata intervista afferma: “sul rientro dell’investimento (di 800 milioni) c’è della sofferenza, perché non c’è nulla di garantito. Ma è chiaro che non c’è solo il risultato economico da mettere in conto: c’è l’acquisizione di tecnologia avanzata. Comunque poi un certo punto poi l’attivo arriva”.
Un’impostazione che ci pare poco prudente ed accorta e che non dovrebbe essere utilizzata quando si parla di investimenti di svariati miliardi di euro. Un’ammissione che è troppo facile tirare fuori dal cassetto ora, in contraddizione con quanto affermato per diverso tempo, e che conferma la posizione ed i dati della Campagna “Taglia le ali alle armi” che ha sempre sottolineato i ridotti ritorni occupazionali a fronte di una spesa così elevata. “Noi abbiamo sempre chiesto confronto, non ottenendolo mai. E’ invece ora che Il Governo riferisca con urgenza al parlamento e si sieda un tavolo per chiarire questo impegno in particolare con chi da tempo lo critica, e oggi ha avuto conferma dei suoi dubbi” conclude Vignarca.
Nel corso degli ultimi mesi di mobilitazione (all’interno della seconda fase di “Taglia le ali alle armi!”, campagna iniziata nel 2009 e rilanciata a settembre 2011 insieme a Sbilanciamoci! e Tavola della Pace) oltre 77.000 firme cittadini, 660 associazioni e più di 60 Enti Locali (tra Regioni, Province e Comuni) hanno deciso di sostenere la richiesta per una cancellazione del programma. Nello scorso Luglio la Campagna ha organizzato una giornata ufficiale di presentazione al Parlamento delle firme, nel tentativo di sollecitare anche il Governo ad un maggiore confronto e soprattutto una maggiore trasparenza; senza ricevere alcuna risposta dall’esecutivo e dal Ministero della Difesa.