Mia nipote ha vent’anni, studia giurisprudenza, vuole diventare magistrato e in genere non guarda le trasmissioni della Rai. Se le chiedete perché ti risponde che “non la fanno pensare, non la aiutano a capire”. Io in Rai ci lavoro dal 79 e quando negli anni 80 mi chiedevano come da “donna” vivessi all’interno dell’azienda rispondevo in genere, basita, che non mi ero mai posta il problema in termini di genere. Oggi il dibattito sull’immagine femminile in televisione, nella televisione pubblica, sembra riprendere vigore perché rilanciato dalle parole della presidente della Rai in una delle sue prime esternazioni: “una immagine di donna più aderente alla realtà”… Possiamo prenderla in parola Presidente? Tra le imprescindibili emergenze che la Rai deve affrontare in questi mesi ci sarà lo spazio, il tempo ma soprattutto la volontà di mettere mano al contenuto dei programmi in modo che le donne reali – per intenderci quelle che arrivate in posizioni di potere non continuino a gestirlo in modo “maschile”, quelle che non cercano scorciatoie, che inseguono sogni e desideri pronte a rialzarsi ad ogni caduta, quelle insomma “altre” dai modelli che la Tv ci ha proposto negli ultimi 15 anni, possano essere e sentirsi rappresentate? Lo spero e credo profondamente che non sia un’utopia, basta guardarsi intorno e avere sufficiente curiosità per accorgersi che uomini e donne sono cambiati e sono stanchi degli stereotipi ormai triti che non convincono più neanche i pubblicitari. Ci saranno problemi di audience, facendo magari qualche scelta drastica ma onesta? Può darsi ma ho sempre pensato che il pubblico sia più maturo di quanto non lo immaginino gli autori televisivi.