Il cambio di stile c’è. Il cambio di passo è ancora tutto da verificare e sulle buone premesse annunciate per una nuova Rai pesano i vincoli e le contraddizioni dei peccati originali che politica e Governo non hanno voluto o potuto cancellare: conflitti di interesse e attenzione al manuale dei pesi politici o delle attese almeno di parte dei politici che contano sulla distribuzione dei poteri interni. La nuova gestione in stile Governo tecnico, con le super deleghe alla Presidente Tarantola e al Direttore Generale Gubitosi, sono una novità che ha sbloccato l’impasse delle proroghe di un Cda da tempo al capolinea ma non realizzano la svolta, come rivendicato dal Presidente Monti secondo il quale, senza cambiare la legge Gasparri, si è già cambiata la Rai.
L’intervento immediato su uno dei punti più critici per la gestione – il conto economico indebolito da una raccolta pubblicitaria deficitaria rispetto ai concorrenti nonostante i maggiori ascolti e la dichiarata inefficienza del vertice Sipra – era inevitabile, ma per il cambio di rotta occorrerà attendere e valutare i risultati. Stride la nomina ad Amministratore Delegato del Direttore Generale Rai che ha appena lasciato l’incarico, Lorenza Lei, capo azienda del servizio pubblico durante un periodo nel quale l’andamento della Sipra, che pure di qualcosa aveva da vedere con la sua gestione, è stato giudicato negativo. E’ lecito pensare che si sia scelto di “rassicurare” un dirigente rimosso e magari i suoi sponsor, sia pure facendo trapelare che il controllo ora sarà diverso perché direttamente vertice Rai (nella persona del Direttore Generale) e strutture (Direttori di rete) guideranno o “consiglieranno” dagli scanni del Consiglio di Amministrazione. Le biografie delle persone contano e sicuramente differenze ci saranno. Ma il nodo non è questo, è quello di una rigenerazione vitale e produttiva. Vale anche per le prime mosse delineate per l’informazione con la progettata unificazione di Rai News e Televideo. Elementi di razionalizzazione potranno derivarne. Ma per i cambiamenti occorre capire se c’è una visione complessiva, sistematica per il servizio pubblico a parte dalla sua missione editoriale, dalla sua organizzazione, dal suo rapporto con la società.
Il Sindacato tutto dei giornalisti, la Federazione Nazionale della Stampa, ha il dovere di guardare al sistema e di considerare come ogni novità si inserisca in un disegno organico di rinnovamento, di riorganizzazione industriale e produttiva, di efficienza e di valorizzazione delle immense professionalità interne, avendo attenzione primaria ai contenuti: dall’informazione ai programmi. Non si possono fare forme a spicchio se si vogliono raggiungere risultati durevoli, di reale valorizzazione e rilancio del servizio pubblico per l’Italia e per il mondo. La tentazione dell’accontentarsi del male minore è dietro l’angolo ed è facile esserne attratti se, tempo per tempo, singoli o componenti aziendali possono trarne ristoro o giovamento.
Sicuramente la Presidente Tarantola e il Direttore Gubitosi, esaurita la prima fase di ricognizione, avranno già più chiara la complessità della Rai ma sanno anche che, col quadro attuale di riferimento normativo, le sole super deleghe non bastano. E allora ad essi è chiesto di battere colpi convincenti in una direzione di marcia nitida che non lasci dubbi sulle riforme che, ineludibilmente, la politica dovrà affrontare, a questo punto, immediatamente dopo le prossime elezioni.
Il forum aperto da Articolo 21 sta mettendo in campo tante idee, seri propositi di impegno, importanti contributi di rinnovamento, nella dignità, della Rai. Giulietti ha posto domande di grande significato che appartengono ad un impegno diffuso anche di tanti colleghi, dirigenti, operatori dell’azienda del servizio pubblico e sono nelle corde di migliaia di cittadini. Sono domande che chiamano ad uscire in campo aperto perché siano evidenti le azioni e siano smascherati quanti lavorano per la conservazione, nella politica e non solo, proclamando il contrario o cercando di evitare di misurarsi sulle domande più impellenti e concrete.
Olita ci ricorda che “si avvicina la stagione autunno-inverno” e ripropone la questione di un servizio pubblico che sappia utilizzare al meglio la copertura informativa del territorio perché la conoscenza delle tante realtà del nostro Paese che, di norma, in “autunno-inverno” è ridotto a succursalismo, o peggio a provincialismo e mette in guardia da quanto avvenuto in questa breve stagione dei tecnici: “nessuna carta bianca, visto il vizio originario che ancora una volta ha caratterizzato l’inizio della nuova stagione”. Sono considerazioni per l’oggi e per l’immediato domani. Giorgio Santelli per questo lancia l’idea di una conferenza di programma. Mi pare una bella idea, da considerare in una linea di valutazioni a tutto campo che richiedono, a quanti stanno nella frontiera del mondo del lavoro (non solo i giornalisti) di non cadere nella tentazione della divisione del lavoro, cui normalmente si dedica il mondo delle imprese.
Sulla Rai c’è da tenere la barra dritta e da non perdere l’orientamento; bisogna stare attenti a non allontanarsi dalla bussola del bene pubblico, del servizio di qualità che non può essere frutto solo di un’attività produttiva qualsiasi ma deve incardinarsi sui principi della libertà e della democrazia e sul terreno della legalità e dei diritti. Sono temi da riportare in primo piano in Rai e con essi sono da riportare al loro posto i tanti colleghi allontanati perché bravi, promossi a funzioni inesistenti, mortificati nel loro diritto a partecipare attivamente al lavoro, anche secondo le autonomie professionali e contrattuali. Anzi: questa è una delle prime cose da fare per dare senso a una idea nuova credibile e amata di Rai.
Lo ha scritto chiaramente Barbara Scaramucci “certamente non c’è la bacchetta magica” ma ciascuno deve essere riportato a dare il massimo della propria professionalità, dall’informazione ai programmi. Insomma “dare spazio a quelli bravi!”. Un segno è atteso con urgenza dal nuovo vertice della Rai e dopo la nomina dell’ex Direttore Generale Lei alla Sipra lo è ancora di più se si vuole recuperare fiducia sul terreno dell’equità e del giusto rispetto per tutti i lavoratori: gli epurati e i demansionati per ragioni che nulla hanno a che fare con il merito – e molto spesso violando regole contrattuali e di buon senso – devono tornare subito ai loro posti.
La “governance di necessità” del tandem Tarantola-Gubitosi, in ogni caso, dovrà dire la sua sul progetto di servizio pubblico che, complessivamente, ha in testa per l’Italia e per l’Italia nel mondo. Un servizio pubblico che si rispetti non può ignorare la comunità italiana del mondo, che partecipa, per costituzione, alla vita democratica del nostro Paese e perciò non può essere tagliata alle sue possibilità di piena partecipazione e integrazione che solo una Rai vero servizio pubblico può offrire. C’è bisogno di un patto per il futuro della Rai che non sia solo di necessità e c’è bisogno di azioni industriali che, ne preservino valore, patrimonio e prospettive di futuro. Pochi ne parlano ma del controllo degli impianti di trasmissione è decisivo parlarne quasi quanto dei contenuti. Svuotare l’azienda di questo bene, magari per far cassa, potrebbe diventare un grosso problema, se dovessero aggiungersi nuovi conflitti di interesse e se, nel frattempo, non ci fosse una grande azione industriale di sviluppo tecnologico.
Per i giornalisti nello specifico c’è una sfida progettuale sindacale ampia che richiede di attrezzarsi per provare ad uscire verso l’esplorazione di nuovi assetti, nella convinzione che ci sia da dare un impiego coerente e un valore al lavoro professionale nella visione unitaria dell’attività tipica del giornalista su tutti i campi dell’offerta di informazione.