C’era un tempo in cui volevamo una RAI che facesse programmi come la BBC, autonoma dal potere e dalla politica, e che fosse gestita come la Bancad’Italia: indipendente dagli altri poteri istituzionali, efficiente, meritocratica, dove tutto e tutti si potevano valutare solo sul proprio lavoro e sui curricula.
Oggi abbiamo due top manager al vertice di Viale Mazzini: una Presidente che è stata addirittura membro del Direttorio di Bankitalia, Anna Maria Tarantola, e un direttore generale, Luigi Gubitosi, che vanta un percorso professionale tra le più importanti aziende di Telecomunicazioni, tutte molto “british”, improntate alle sfide tecnologiche più avanzate e del mercato più agguerrito degli spender consumers.
Davanti a loro una macerie multimediale, pubblica e privata, figlia del conflitto di interessi e del predominio berlusconiano: politico, governativo, aziendale, affaristico e legislativo. Sullo sfondo i due pilastri di questo dominio assoluto del Cavaliere di Arcore: la legge Gasparri e l’assenza di una vera legge contro i conflitti di interessi, un’anomalia rispetto alla stragrande maggioranza dei paesi dell’Unione Europea e dell’OCSE.
Soprattutto in un paese, come il nostro, dove il mercato pubblicitario è diventato asfittico, dominato dal concorrente berlusconiano della Sipra pubblica, ovvero Publitalia.
Crisi finanziaria, occupazionale, editoriale, di risorse e anche mercato “bloccato”, monopolizzato da RAI e Mediaset (questa con occulti poteri di “indirizzo” sul Servizio pubblico) nel settore “generalista”, nel digitale terrestre e nella produzione di fiction; occupato oligopolisticamente da SKY Italia ( dello “Squalo” anglo-australiano Rupert Murdoch) nel satellite.
E questo, mentre si va estendendo la platea della “Generazione della Rete”, con lo sviluppo della “crossmediatalità”, la convergenza delle piattaforme multimediali (WEB, satellite, mobilephone, tablet, ADSL, fibre ottiche, estrema digitalizzazione, social networks, ecc…). E in prospettiva si va anche modificando il mercato pubblicitario, ormai orientato verso questi nuovi strumenti.
Saranno all’altezza di questa sfida feroce i nostri due top manager, voluti dal capo del governo Monti?
E i giornalisti del Servizio pubblico, tra l’altro chiamati ad un Congresso anticipato nel prossimo novembre per la scelta del nuovo Segretario e dell’Esecutivo, saranno capaci di porsi come un unico “intellettuale collettivo”, trovando e stimolando le energie intellettuali migliori a livello nazionale e regionale, traendo vigore e linfa vitale dall’entusiasmo delle nuove generazioni e dall’esperienza di chi da decenni “non ha mai piegato la schiena”?
Progettualità e Responsabilità editoriale, dunque!
Ancora una volta, 20 anni dopo la stagione dei “Professori”, siamo di fronte ad una sfida storica per la tenuta e lo sviluppo del Servizio pubblico italiano. Agli inizi degli anni Novanta, la crisi del “sistema Italia” portò a decisioni drastiche per tutti i cittadini e al ricorso di “governi tecnici” (Amato e Ciampi).La Rai non fu da meno. Come spesso è accaduto nella sua storia, la nostra azienda anticipa e mostra come un epifenomeno quanto va accadendo nella società italiana.
E così, anche quello stato di crisi aziendale, ben più duro di quello odierno, fu affrontato con il ricorso a misure estreme: il ricorso a tecnici esterni (i “Professori” appunto), nominati sulla base di una nuova procedura; una vasta riorganizzazione interna; un piano di profondo e duro risanamento, che comunque trovò il sindacato, l’USIGRAI, coeso, unito e all’altezza delle sfide, con sue proposte alternative, che furono anche assunte dagli stessi vertici aziendali, portando così l’azienda fuori dalla palude e ridando uno slancio ideativo e produttivo all’altezza dei tempi.
Più che di una ristrutturazione la RAI, insomma, ha bisogno di una Rigenerazione.
Alla base di qualsiasi progetto, comunque, di riforma della RAI vanno poste due questioni “dirimenti”: il superamento del conflitto di interessi e l’abolizione della immonda legge Gasparri, entrambi distorsioni di un mercato non libero, ma chiuso, oligopolistico e consegnato alla volontà dispotica del potente di turno: in questi ultimi 20 anni Berlusconi, domani chissà chi!
Ecco quindi alcune linee strategiche sulle quali intervenire:
– Intanto, va considerata l’attuale “tripartizione” dell’offerta Televisiva, figlia di una stagione politica, culturale, sociale ed economica ormai terminata, superata dalla storia anche in Italia. Non va neppure demonizzata l’eventuale cessione di una rete RAI sul mercato ad imprenditori indipendenti, però, che non siano portatori di conflitti di interessi e che comunque preveda contemporaneamente la riduzione a 1/2 reti anche per il concorrente generalista Mediaset, come accade nel panorama europeo e mondiale, dove ad un forte “Public service broadcaster” si confrontano più Network commerciali, ma ognuno in mano a gruppi editoriali diversi. Un mercato davvero libero, aperto e competitivo, insomma.
Solo in Italia, unico caso nell’Unione Europea e nel resto dell’OCSE, persiste un mercato “bloccato” con tre reti pubbliche generaliste e tre commerciali in mano ad un unico proprietario, “padre-padrone” del maggior partito e già più volte capo del governo (lo stesso gruppo che monopolisticamente usufruisce del mercato a pagamento del digitale terrestre e detiene la maggior quota del mercato di produzione e distribuzione di film).
– Altra anomalia italiana èla TVsatellitare, anche quella in mano ad un monopolista, SKY Italia, che fa direttamente riferimento al più grande gruppo multimediale del mondo,la News Corporation di Rupert Murdoch. In altri paesi europei, come in Gran Bretagna, si sono scelte la piattaforma unica satellitare e quella digitale terrestre, partecipate da enti pubblici e aziende private. Perché non seguire quell’esempio anche in Italia, magari creando una società apposita, mista, per le trasmissioni satellitari con la RAIe da altri Network privati?
– Occorre trasformare la RAIda azienda monocratica a società multimediale composita: una perla TV, una perla Radio, Raiway, Sipra, Cinema produzione e distribuzione. Società controllate senza proliferazione di poltrone, ma con stretti legami con le strutture ideative e produttive.
– Un’unica redazione giornalistica TV e una sola redazione giornalistica Radio, come una sola redazione WEB con un unico sito online (utilizzando ad esempio le risorse professionali del Televideo in via di dismissione). Sviluppo integrato di tutte le piattaforme mediatiche, per ampliare la penetrazione dell’offerta informativa e renderla immediata e non passiva in maniera “glocal”: regionale, nazionale, internazionale, con il contributo degli stessi fruitori-abbonati attraverso gli strumenti digitali di ultima generazione.
– Differenziazione dell’offerta per “sensibilità culturali e generazionali”: nell’attesa di un’eventuale riduzione delle Reti TV da3 a2, come nel resto dei servizi pubblici dell’UE, vista anche la proliferazione dell’offerta digitale terrestre e l’espansione della multipiattaforma Web – satellite – telefonia mobile.
– All’interno della “società TV” va ripensato quindi il sistema informativo nazionale e regionale, oltre che il servizio AllNews 24 ore, oggi sacrificato nella sua diffusione sia sul digitale terrestre sia sul satellite. A questo proposito, va assolutamente riaperto un tavolo di trattative con la piattaforma unica monopolistica SKY Italia per riposizionare i canali RAI generalisti, spuntando un contratto vantaggioso, che già in parte potrebbe dare sollievo alle “casse esauste” di Viale Mazzini.
– Vanno altresì superate alcune realtà produttive ormai relegate ad un passato tecnologico e mediatico finito con l’avvento dell’era della Rete e del Digitale. Ovvero riconvertire le redazioni di Televideo e del Servizio per l’estero, riposizionandone il personale e le competenze tecnico-professionali in RAI News 24 ore, nel WEB e in un canale apposito in lingua inglese e araba per il bacino del Mediterraneo e per favorire l’integrazione culturale e sociale dei 4 milioni di immigrati, in maggior parte appunto di lingua araba (vedere l’esempio degli analoghi AllNews 24 ore francese, spagnola e della BBC).
– Rivalorizzare il Servizio giornalistico CCISS, comprensivo del Meteo, con spazi più ampi e frequenti specie sulle piattaforme digitali e mobili, vista la grande diffusione e richiesta delle notizie inerenti alle condizioni meteorologiche, alla viabilità e traffico e al suggerimento di itinerari alternativi, in tempo reale, a livello sia locale sia nazionale. In quest’ambito sarebbe anche ipotizzabile la creazione di un canale speciale per le piattaforme WEB e Telefonia mobile a prezzi molto bassi come un SMS. E’ un mercato dalle potenzialità da sviluppare, che potrebbe anche essere finanziato da una voce apposita del Contratto di Servizio.
– Formazione professionale permanente (sulla falsariga di recenti accordi realizzati dall’Associazione Stampa Romana e in corso di realizzazione pressola FNSI), per ricollocare tutti i colleghi che si trovassero in settori critici, e corsi obbligatori per l’aggiornamento tecnologico sulle nuove funzioni editoriali per i redattori crossmediali: dall’uso dei Tablet e dei telefoni mobili di ultima generazione alle camere fotografiche avveniristiche, ma già commercializzate (come la Canon Mark5 HD video, che sembrano innocue macchine fotografiche ma che realizzano filmati in HD), piccole e agili telecamere digitali dalla risoluzione simile ad una35 mm. (come le Canon e le RED 3 e 4 K, strumenti maneggevoli, facili da connettere con la Rete).
– Radio all’altezza delle sfide della multipiattaforma: web radio, sat radio, radio telefono mobile, autoradio. Quindi investimenti in tecnologie (sia Isoradio sia le stazione rds sulle autoradio spesso si “perdono”, a oltre 20 anni dall’innovazione dei servizi) e ripensamento delle tre RADIO, con un vero canale Allnews 24 ore su 24, intervallato da approfondimenti, musica, collegamenti con le sedi regionali. Un canale con alcuni appuntamenti GR e offerta di programmi che vedano anche una proposta al 50% di musica italiana e 50% estera, di cui la metà europea, come nel caso francese; un altro canale di offerta classica e jazz, musica “dotta” e sperimentale con alcuni spazi di approfondimento informativo e culturale e appuntamenti regolari di GR con “respiro ampio” non a flash. Si potrebbero anche sviluppare dei veri e propri canali sull’esempio francese di successo come: “Radio Inter”, internazionale (anche con news in lingua, inglese, tedesco, francese, spagnolo e arabo), “Radio Nostalgia” (striscia di musica, al 50% nazionale, intervallata in alcuni orari da brevi GR e notizie meteo), Radio Classica e Radio Jazz. Il problema da risolvere è come ampliare l’offerta multipiattaforma, specie sul WEB, ma anche sulla telefonia mobile, visto l’uso di questi strumenti come fornitori essenziali di musica ad alta resa HIFI, scaricabile nelle memorie personali.
– Ripensare la funzione operativa e giornalistica di RAI Sport, dopo le acquisizioni dei maggiori eventi nazionali, europei e mondiali da parte di SKYItalia (tutto il calcio,la Formula1, le moto GP, le Olimpiadi, ecc..). Se i “grandi eventi” sportivi, nazionali e mondiali, costano troppo, allora occorrerà trovare nuove formule di lobbismo, insieme agli altri Public Service Broadcaster, anche per “strappare” contratti non onerosi. Far intervenire sia le istituzioni europee per tutelare la possibilità di usufruire gratuitamente dello Sport, sia per calmierare il mercato, usando anche l’arma della legislazione antitrust ( le società che gestiscono gli eventi sportivi “più redditizi”, operano in maniera monopolistica). Altrimenti la TVpubblica, in Italia come nel resto d’Europa, dovrà dire addio alle principali manifestazioni sportive, vere “galline dalle uova d’oro” al momento.
Da quest’anno SKY potrà trasmettere “in chiaro” sul canale “Cielo” tutti i goal della Serie “A”, in concomitanza con il nostro storico “90* minuto”. L’anno prossimola Formula1 e subito dopo anche le gare del Campionato mondiale di Moto GP.
SKY Italia ha investito dal 2004 ad oggi, per
– Direzione giornalistica: una perla TVe una perla Radio, una per RAI News 24, con un Vicedirettore generale giornalistico a Viale Mazzini.
– Una nuova “Serra creativa” cofinanziata da istituzioni pubbliche, enti locali, come le Regioni con le loro divisioni Cinema, e da aziende private.
E’ chiaro che per questa Rigenerazione avremo bisogno di personale professionalmente valido, indipendente, motivato e sempre aggiornato. Ma tutta l’azienda avrà bisogno di risorse certe e chiare, legate ai prodotti, ai progetti e all’innovazione tecnologica continua.
Quindi, certezza delle entrate pubblico, attraverso un canone legato all’aumento dell’indice inflattivo reale, percepito e non a quello “sterilizzato”, finora utilizzato. Un canone che dovrà essere legato o alla bolletta elettrica (tutti gli strumenti multimediali utilizzano l’elettricità o come fonte diretta o come ricaricamento energetico), oppure come accade in altri paesi europei, alla tassa sulla casa (Francia) o alla dichiarazione dei redditi, al quale andrà allegata la ricevuta del pagamento stesso.
Inoltre, andranno “monetarizzati” alcuni canali digitali terrestri così come accade nel resto d’Europa e come già fa il principale concorrente commerciale.
– Nel Contratto di Programma andranno legate forme di finanziamento rivalutabili annualmente ai progetti editoriali e tecnologici, oltre che alla “penetrazione informativa” presso il pubblico. In questo senso, andrebbe prevista una Struttura apposita, mista dirigenziale, formata dai tecnici del Centro Ricerche, da personale giornalistico e autoriale, per aggiornare continuamente l’uso degli strumenti tecnologici, all’altezza delle innovazioni.
Insomma, collegare il Contratto non tanto a vaghe forme di liberalità governative, quanto alla produzione vera dell’azienda.
– Andrebbe creato una Società apposita perla RAI Regioni, con azionariato aperto alle Regioni sulla base di servizi digitali terrestri specializzati Si pensi ai TG e GR regionali dedicati alle attività ufficiali delle Regioni, con le dirette dalle assemblee, ma anche dei principali Comuni; così come alla coproduzione di documentari e programmi culturali.
– Anagrafe dei giornalisti, concorsi pubblici per l’assunzione e curricula per gli incarichi dei livelli manageriali, con esami pubblici tramite una commissione esterna, “terza”, composta in parti uguali da vertici aziendali e personalità autonome (che non abbiano contratti con la RAI).
– Nuovo ruolo perla Scuola di giornalismo Perugia e per il Centro di ricerche Torino, un’eccellenza mondiale che ha scoperto e brevettato innovazioni di prim’ordine.
– Introduzione della figura del “Producer”, come primo ruolo professionale giornalistico, che andrà a sostituire i ruoli dei telecineoperatori e dei montatori, ma anche a coprire le nuove funzioni dei giornalisti multipiattaforma. Quella dei Producer è una figura professionale di alto livello esistente in tutto il mondo, alla quale ci si affida ogni volta che si devono realizzare corrispondenze all’estero o seguire grandi eventi internazionali.
Si può pensare ad un contratto d’ingresso speciale giornalistico RAI che preveda 18-24 mesi di “praticantato” come Producer, per poi trasformarlo in contratto meramente giornalistico oppure da “Produttore radiotelevisivo”, ma con retribuzioni simili a quelle dei giornalisti.
– Riapertura delle maggiori sedi di corrispondenza, utilizzando “strutture leggere” tecniche e immobiliari, ma riportando i riflettori della RAI sul mondo in maniera autonoma e indipendente. In una prima fase si potrebbe anche cercare un accordo con sedi diplomatiche, regionali all’estero, camere di commercio per l’uso dei locali, arrivando così a risparmi di tutto rispetto per l’affitto degli immobili e l’uso di strumenti di corrispondenza.
– Registro dei fornitori e società di appalti. Oggi siamo dominati, dal punto di vista ideativo e realizzativo, “chiavi in mano” da 4/5 società: Endemol (azionariato principale di Fininvest-Berlusconi), Ballandi Entertainment (Bibi Ballandi), Grundy Italia (FremantleMedia Italia, conglomerata partecipata da tedesche RTL, Bertelsmann, e l’inglese Pearson, editrice del financial Times e della Pinguin, principale casa per l’offerta multimediale educativa nel mondo), Magnolia ( Giorgio Gori ex-Mediaset), Luxvide della famiglia Bernabei (Ettore, già “padre padrone della RAI “fanfaniana”, la figlia Matilde e il figlio Luca).
Tutta la capacità “ideativa e produttiva” deve ritornare in ambito RAI, dove esistono le competenze e le professionalità, mentre è auspicabile un allargamento delle “co-produzioni con più case esterne, secondo contratti trasparenti e con la figura dominante della RAI in tutti i processi ideativi e produttivi.
– Viviamo nel tramonto dell’offerta di programmi reality, di quiz, di fiction, che sono alla base dell’offerta esclusiva di queste case produttrici. Così come non hanno riscosso grandi ascolti TV movie di impianto religioso o agiografico. Il bacino di utenza si sta spostando su altri settori di domande culturali ed artistiche: i grandi eventi, specie i concerti delle star, o tematici, la documentaristica sociale, scientifica e turistica, le serate a soggetto (vedi Fazio-Saviano, ad esempio).
Il ritorno della cultura “alta” è un altro atout chela RAIdovrebbe sviluppare con il contributo di fondi europei, Unesco, lo stesso Stato italiano e sponsor privati (lirica, teatro, su tutto, ma anche grandi esposizioni).
Questa è la Rigenerazionedella RAI che si basa sullo sviluppo industriale, editoriale e tecnologico, in contrasto con una ristrutturazione selvaggia fatta di riduzioni lineari di spese, investimenti e personale.
Questo è il “guanto di sfida” che dobbiamo gettare insieme (giornalisti, dirigenti, tecnici, autori, amministrativi, gli stessi vertici aziendali) nel campo della politica e nel mercato. Altrimenti, anche perla RAIpotrebbe appalesarsi lo spettro che oggi si aggira per il Portogallo, conla RTP, il loro Servizio pubblico, che il governo di centrodestra (non sapendo dove più trovare centinaia di milioni di euro per alleggerire i debiti dello stato) ha deciso di “affidare in mano private, in maniera provvisoria”, contravvenendo ai trattati di Lisbona e Amsterdam, alle deliberazioni del Consiglio d’Europa e del Parlamento europeo, nel più assordante, complice, silenzio delle istituzioni europee, a partire dalla Commissione presieduta dal portoghese, conservatore, Barroso.