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La nuova Agcom nasce vecchia- di Angelo Zaccone Teodosi*

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Un teatrino lottizzatorio dei peggiori, una pagina nera della democrazia, come nella migliore (peggiore) vergognosa tradizione partitocratica italica. Ci attende un settennato di “garanzie” non eccellenti. I 3 nuovi commissari Agcom sono Dècina, Posterano e Preto e viene confermato Martusciello.

di Angelo Zaccone Teodosi (*)
Mercoledì 6 giugno 2012 verrà ricordata come una giornata nera nella storia della democrazia italiana. Sono in molti ad aver perso un’occasione giusta per dimostrare una vocazione all’innovazione, sono molti ad aver perso la faccia per aver predicato bene e razzolato male: il nuovo che (non) avanza mostra la sua vera identità, vetusta partitocratica ed arrogante. Alla faccia delle menzogne e dei proclami sulla “società civile”, la “trasparenza”, il “merito” e… l’indipendenza del “governo dei tecnici”.

La vicenda Agcom è una plateale sconfitta per la democrazia italiana. Le gattopardesche logiche della Casta sembrano immarcescibili. Con Monti, “tutto cambia affinché nulla cambi”, e forse Giuseppe Tomasi di Lampedusa dall’alto dei cieli, se la ride amaramente. Sono invece moltissimi i cittadini – a destra a sinistra al centro, in alto e in basso – che provano una profonda sensazione di amarezza, di delusione, di tristezza.
Quel che è accaduto in Italia nelle ultime settimane conferma che il Governo Monti è eterodiretto non soltanto dai potentati bancari internazionali, ma anche dalle segreterie di partito: nessuno – a destra come a sinistra – nutre in verità dubbi su queste dinamiche eterodirezionali, tra poteri forti e monarchie partitocratiche, ma si sperava che un qualche margine di autonomia potesse emergere. Ed invece no. Altro che “tecnocrazia”.

Monti e Fini e Schifani hanno accordato la loro benedizione ad una elezione dei nuovi componenti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che ha seguito le logiche malate dell’italico sistema. Secondo logiche cromatiche, “non” stupisce il placet del Presidente del Senato (che, al di là del ruolo istituzionale, è espressione della maggioranza di centro-destra), non stupisce l’atteggiamento alla Ponzio Pilato di Monti (vedi supra), stupisce (un poco) che anche Fini (che in talune occasioni si è spogliato delle proprie vesti cromatico-partitiche) non abbia ostacolato – nel suo ruolo di Presidente della Camera – quella che è stata definita, con efficaci espressioni e metafore: una buffonata, una farsa, una commedia. Travaglio titola “Agcommedia” un suo editoriale su “il Fatto”, con la solita capacità icastica.

In effetti, il Presidente della Camera ha mostrato un coraggio a metà: aveva perfino rinviato di qualche settimana la votazione per consentire la raccolta e la discussione di curriculum, che poi naturalmente non s’è concretizzata, anche perché non v’è stata la minima regolazione formale delle modalità di presentazione delle candidature. L’Italia è uno Stato di diritto o una procedura così delicata viene gestita come in un condominio della Colombia?!
Una proposta parlamentare – avanzata trasversalmente da esponenti come Vita (Pd), Giulietti (Articolo 21), Della Vedova (Futuro e Libertà), Beltrandi (Radicali) – di definire, prima delle votazioni, dei criteri di metodo (audizioni, “cross-examination”, ecc.) è stata bellamente ignorata da Fini.

Intorno all’ora di colazione di mercoledì 6 giugno, la Camera dei Deputati ha quindi eletto i componenti dell’Autorità di Garanzia nelle Comunicazioni e dell’Autorità di Garanzia sulla Privacy. Concentriamo l’attenzione sulla prima, che è di maggiore interesse per i lettori di “Millecanali”, testata specializzata sul mondo della Televisione, della radiofonia, dei media. Per quanto riguarda l’Autorità sulla Privacy, ci limitiamo a ricordare che la Camera ha simpaticamente eletto Giovanna Bianchi Clerici (consigliere d’amministrazione Rai uscente e candidata dalla Lega e Pdl) e Antonello Soro (ex capogruppo Pd alla Camera).

Rispetto alle indicazioni partitocratiche emerse alla vigilia del voto per l’Agcom, non ci sono state sorprese nelle votazioni: la Camera dei Deputati ha eletto Maurizio Dècina con 163 voti, ed Antonio Martusciello con 148 voti, indicati – cioè designati – rispettivamente dal Pd e dal Pdl. Se nelle settimane scorse, era cresciuta, in rete ed in parte ripresa dai media “mainstream”, una grande polemica sulla naturale e sana esigenza di una elezione che fosse basata su criteri tecnici e trasparenti, la triade Pdl-Pd-Udc se ne è bellamente… fregata. E che dire dell’Udc?! Si dichiara “terzo polo”, si propone come “alternativa” al duopolio Pdl-Pd, ma, alla prova dei fatti, emerge come straordinariamente uguale agli altri due poli. Unico segno di dissenso la non partecipazione al voto dei parlamentari dell’Italia dei Valori e dei Radicali.

Per la cronaca, hanno ottenuto voti, da dissidenti di varia natura, oltre a Quintarelli: Alessi 46 voti, Zaccaria 25, mentre 32 sono stati i voti dispersi, 15 le schede nulle e 43 le schede bianche. Insomma, qualche decina di parlamentari ha votato contro le indicazioni delle gerarchie di partito, dimostrando di non essere completamente burattini di legno filo-comandati dalle segreterie.
Il lettore si domanda: e chi diamine è Alessi?! Per i più, è un evidente Carneade, ma un dispaccio di agenzia reca la dichiarazione trionfante del… Grande Sud, il movimento arancione (?!) guidato da Gianfranco Micciché, che in Parlamento può vantare dieci deputati: “Grande Sud è orgogliosa di aver puntato su di lui. Nonostante la giovane età, Alessi ha maturato negli anni una notevole esperienza e un’indubbia competenza nel settore delle telecomunicazioni” (sic). Lorenzo Alessi è stato Presidente del Corecom della Sicilia. Ha 42 anni.

Il Senato ha eletto Antonio Preto e Francesco Posteraro all’Agcom. Il risultato è stato proclamato in aula alle 16:30, ma su Twitter i senatori dell’ufficio di presidenza hanno diffuso la notizia in anticipo: Preto ha ottenuto 94 voti e Posteraro 91. Si ricorda che, in totale, i componenti dell’Agcom sono quattro, essendo stati dimezzati con il decreto “Salva Italia” della fine del 2011. È assurdo ridurre da 9 a 5 i componenti di una autorità chiamata a vigilare sulle delicate alchimie del sistema della comunicazione, che pure dovrebbe caratterizzarsi per la massima estensione dello spettro del pluralismo espressivo. Se l’esigenza era quella di “risparmiare” (Monti docet?!), sarebbe stato sufficiente ridurre l’emolumento per l’eletta schiera, e non la quantità dei consiglieri. Ricordiamo peraltro che i consiglieri dell’Agcom guadagnano circa 400mila euro l’anno…
Il nuovo Presidente dell’Agcom, che dura in carica sette anni e che deve sostituire l’uscente Corrado Calabrò (77 anni), sarà designato dal Presidente del Consiglio, d’intesa con il Ministro per le Attività Produttive. Sarà quasi sicuramente il bocconiano amico di Monti professor Angelo Cardani.

Maurizio Dècina ha 68 anni ed è uno stimato professore ordinario di telecomunicazioni al Politecnico di Milano: il suo nome era noto già da giorni come un candidato promosso dal Partito Democratico, e fortemente sostenuto da D’Alema. Il secondo eletto all’Agcom è Antonio Martusciello, 50 anni: è stato un manager della concessionaria pubblicitaria Publitalia e poi tra i fondatori del movimento politico Forza Italia di Silvio Berlusconi; è poi stato parlamentare dal 2006 al 2008, Vice Ministro per i Beni e le Attività Culturali tra il 2005 e il 2006; era già membro dell’Agcom, in sostituzione di Giancarlo Innocenzi (dimessosi e premiato da Berlusconi con la presidenza di Invitalia, la ex-Sviluppo Italia). Si ricordi che Martusciello venne eletto nel luglio del 2010, nel corso di una seduta rocambolesca, durante la quale – come raccontano i resoconti parlamentari – molti senatori si trovarono persino ad interrogarsi su chi fosse il neo-nominato componente del consiglio Agcom e a cercare di individuarlo attraverso Facebook, se non attraverso gli elenchi del telefono.

Antonio Preto è l’attuale Capo di Gabinetto del Commissario europeo Antonio Tajani. Francesco Posteraro è Vice Segretario Generale della Camera dal 2003. Non abbiamo cognizione delle loro competenze specifiche nel settore dei media e delle telecomunicazioni, ma probabilmente si tratta di un nostro deficit.
Ci piace però qui riprodurre quel che scrive oggi Eugenio Furio sul “Corriere della Calabria”: “Nominati senza presentare domanda: lo strano caso dei Posteraro. Le polemiche sull’intesa Pd-Udc che ha portato Francesco all’Agcom (nonostante il suo curriculum non figurasse in un primo elenco) ricordano quelle del figlio Paolo, indicato per il Corecom in quota centrista. Senza che il suo nome comparisse in graduatoria… Per uno che non presenta domanda, un altro che non fornisce curriculum. Se non fosse soprattutto un caso politico (anzi due), sarebbe il più classico dei ‘tale padre, tale figlio’. La parabola del cosentino Francesco Posteraro, Vice Segretario Generale della Camera dal febbraio 2003, sulla cui nomina a componente per l’Agcom s’è consumata a Roma l’intesa Pd-Udc, ricorda molto quella del figlio Paolo, trentenne, nominato in quota Udc nel Corecom con tanto di ‘giallo’: negli elenchi di coloro che avevano presentato domanda per far parte del Comitato regionale per le comunicazioni, il suo nome non figurava. Allo stesso modo, ieri, nell’arco temporale di nemmeno due ore, è andato in scena il remake capitolino del giallo: poco dopo le 14 la nota che annunciava ‘l’intesa tra Pd e Terzo Polo’, in base alla quale ‘si è convenuto sul nome di Francesco Posteraro’, alla presenza, tra gli altri, del segretario Pd Bersani e di Fli. Il curriculum del 62enne, però, non compariva nel faldone che raccoglieva le ‘autocandidature’ con tanto di segnalazione a mezzo lettera autografa da parte dei gruppi parlamentari (una versione un po’ meno nascosta del ‘Manuale Cencelli’, come è stata definita da Radicali, Idv e Api – che evidentemente non avevano ‘nomination’ da proporre…). Il colpo di scena alle 15:36 (36 minuti oltre il termine ultimo stabilito per la consegna dei cv): ‘Sono trasmessi gli ulteriori curricula pervenuti dalle ore 19 di ieri – recitava una seconda mail inviata dal Protocollo della Camera – lunedì 4 giugno, alle ore 15 di oggi’. Come per magia, nel secondo invio ecco spuntare il curriculum di Francesco Posteraro, al centro di un giro di nomine degno del miglior trasversalismo che vorrebbe l’ex capogruppo Pd, Antonello Soro, alla presidenza della Privacy”.

Da non crederci.
Da segnalare che un candidato indipendente come Stefano Quintarelli (dimessosi per questa intrapresa da Direttore generale dell’area digitale del gruppo Il Sole-24 Ore, gruppo che è anche editore – ricordiamo doverosamente ai nostri lettori – di “Millecanali”), sostenuto sia da alcune migliaia di “supporter” attraverso la rete sia da alcuni parlamentari di diversi schieramenti, ha ottenuto 15 voti. Netta la posizione di Vendola (ricordiamo che Sinistra e Libertà non è rappresentata in Parlamento): “Questa è la fine di un romanzo che racconta una storia politica ormai al termine. Quel che è accaduto ieri apre scenari problematici per una eventuale coalizione”. Con la eleganza anglosassone che lo caratterizza, Di Pietro ha dichiarato “i curricula usati come carta da cesso…”, enfatizzando che “l’accondiscenza del Pd rispetto alle scelte del Pdl fa male”. Il leader dell’IdV ha sostenuto che questa spartizione mette a rischio di rottura qualsivoglia alleanza sulla cosiddetta “foto di Vasto”, la possibile alleanza tra appunto Idv, Pd e Sel.

Va anche segnalato che – in verità – non ci sembra che l’Italia dei Valori e Sinistra e Libertà abbiano sostenuto con adeguata forza il candidato indipendente che pure godeva del loro appoggio, Sergio Bellucci, già responsabile comunicazione del disciolto Rifondazione Comunista, professionista qualificato e riconosciuto mediologo. Resta in lizza per il Consiglio di Amministrazione Rai. Si segnala che la riunione prevista per oggi dell’assemblea dei soci è stata rimandata al 13 giugno…
E che dire del Pd?! Il Partito ha indetto una sorta di “primarie” (espressione infangata – sia consentito osservare – per richiamare questa vicenda), nell’ambito delle quali una cerchia ristretta di parlamentari, nel segreto dell’urna, è stata chiamata a votare una “short list” – non è dato sapere predisposta da chi (Bersani in persona?!) – di candidati diversi da quelli i cui curricula sono stati presentati presso gli uffici di presidenza della Camera e del Senato. Basti osservare che sul sito del Partito Democratico non c’è traccia di queste singolari “primarie”, che i parlamentari sembrerebbero essere stati invitati a votare su una trentina di nomi in tutto – tra candidati all’Agcom ed al Garante Privacy – mentre alla Camera ed al Senato risultano depositati circa un centinaio di curricula, e che i risultati delle votazioni sono secretati… Pare che la riunione sia stata agitata, con Gentiloni tra i più infervorati. Viva la trasparenza! Viva la democrazia!!!

Stendiamo un velo di silenzio, poi, su un qualche certo velleitarismo dei soggetti che hanno messo “on line” i curricula di candidati ed autocandidati, con criteri rozzi e senza alcuna metodica. Hanno fatto bene – sia ben chiaro, nel nome della democrazia – ma non si sono resi conto che non era quello il metodo per scardinare le logiche partitocratiche. Crediamo che l’opposizione del Paese reale debba rendersi conto che chi controlla i media tradizionali, controlla il Parlamento, controlla i processi decisionali… ed è attraverso quelli che si debbono introdurre logiche di estensione del pluralismo: questo dovrebbe fare – tra l’altro – la Rai. Quale media “mainstream” ha dato eco alle iniziative della rete, alle candidature degli indipendenti?! Nessuno.

Crediamo che l’elezione della Signora Vespa, alias Augusta Iannini, come componente del Garante per la Privacy (l’altro è Califano, ma non è – purtroppo?! – il noto chansonnier: trattasi di Licia, non di Franco) sia anch’essa sintomatica: una riprova (semmai ve ne fosse necessità) che “Porta a Porta” è veramente la… terza camera del Parlamento italiano. Da non crederci. Era quasi più credibile la notizia di una discesa in campo (politico) di Gerry Scotti, smentita ieri sera addirittura da un comunicato stampa ufficiale di Mediaset.
La nuova / vecchia Agcom sembra anche garantire una “maggioranza” vicina agli interessi della conservazione, che si chiamino Telecom Italia o Mediaset o finanche Rai (quale che sia). Ricordiamo che l’Agcom interviene su materie delicate e cruciali, come la “par condicio” elettorale, l’asta delle frequenze Tv e la tutela di libertà e pluralismo, senza dimenticare la tutela del diritto d’autore on line.

Vediamo se la buffonata si riprodurrà per la nomina del consiglio di amministrazione della Rai. Un comunicato stampa del senatore Sergio Zavoli, Presidente Commissione di Vigilanza, diramato proprio oggi, recita: “A partire da domani, i parlamentari della Commissione di vigilanza Rai, a completamento delle misure di pubblicità già adottate secondo quanto deciso all’unanimità dall’Ufficio di Presidenza, potranno consultare nel proprio portale intranet i curricula inviati dai cittadini che intendono candidarsi alla carica di componente del Consiglio di amministrazione della Rai. I curricula dovranno pervenire entro le ore 15 del giorno precedente la convocazione della Commissione come seggio elettorale”.
Come dire… si replica la sceneggiata tragicomica???

Infine, una annotazione personale, consentitaci dall’essere collaboratori del mensile “Millecanali” da oltre dieci anni, con la rubrica fissa Osservatorio IsICult / Millecanali: qualche amico ed estimatore ci aveva suggerito di presentare la nostra candidatura, dato che si sono candidati anche – sia consentito – cani e porci, non soltanto raffinati professionisti (manager, giuristi, accademici…), ma anche apprendisti di bottega e dilettanti allo sbaraglio. Per un attimo, abbiamo pensato che fosse una buona idea, ma, presto compreso l’andazzo di tipo “aumm-aumm” che anche gli uffici di presidenza di Camera e Senato stavano assumendo, abbiamo rinunciato. E siamo lieti di non essere entrati nel pollaio.
(ha collaborato Elena D’Alessandri)
(*) Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult

tratto da www.millecanali.it


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