2 giugno: “Vogliamo lavoro, non bombe”

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All’indomani delle polemiche sulla Parata militare del 2 giugno, Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace commenta la decisione del Presidente della Repubblica e lancia una nuova campagna con lo slogan “Lavoro, non bombe”. “Rispettiamo la volontà del Presidente della Repubblica ma ci permettiamo di osservare che:

1. se deve essere una parata sobria è necessario che i militari rivedano il programma e riducano le spese. I dati diffusi dal Ministero della Difesa si riferiscono alla Parata programmata prima del terremoto. Ora quel programma va rivisto altrimenti è solo l’ennesima presa in giro. C’è un modo concreto per farlo: lasciare in caserma tutti i carri armati e i mezzi militari; ridurre significativamente il numero dei militari che dovranno sfilare ai quali, peraltro, è stata negata anche la diaria (come a dire che quando si deve tagliare qualche spesa si comincia sempre dalle persone);

2. nessuno sa quale sia il costo reale di questa Parata. Ufficialmente il Ministero della Difesa, che si è affrettato a dire che i soldi della Parata sono già stati quasi tutti spesi, parla di una stima che va da 2,6 a 2,9 milioni di euro. Perché si parla di stima e non di costo reale? L’anno scorso il Ministro La Russa rispondendo ad una interrogazione parlamentare aveva indicato un costo di 3 milioni di euro. In realtà la spesa nel 2011 è stata di ben 4,398 milioni. Quale sarà il costo finale di quest’anno? Perché il Parlamento non chiede il rendiconto dettagliato delle spese?

3. pochi sanno che il tema della Parata 2012 è “Le Forze Armate, al servizio del Paese”. Ma se le Forze Armate sono al servizio del Paese perché pretendono di farsi pagare ogni servizio di protezione civile? E’ già successo all’inizio dell’anno per l’emergenza neve quando l’esercito chiamato dai sindaci a collaborare ha risposto: “se volete il nostro aiuto dovete pagare”. Questa assurda pretesa rischia di diventare la regola se verrà approvato il disegno di legge delega per la revisione dello strumento militare presentato in Parlamento dal ministro della Difesa Giampaolo Di Paola. La norma è contenuta nell’articolo 4. A che ci serve spendere più di 23 miliardi di euro per mantenere in vita un apparato elefantiaco di 190.000 uomini che quando devono portare soccorso alla popolazione pretendono di essere pagati?

Non serve invocare le ragioni nobili della pace per riconoscere che c’è bisogno di cambiare rotta. Ieri il terremoto ci ha dato un altro terribile scossone. E’ tempo di rivedere il modo in cui spendiamo i nostri soldi. Non c’è solo la parata militare. Il problema è più vasto. E’ un problema politico, culturale, economico e militare che non potrà essere risolto senza una vasta mobilitazione dei cittadini.

Per questo la Tavola della pace lancia un appello intitolato “Lavoro non bombe” “Quello che vogliamo è il lavoro, non le bombe. Il lavoro ci da la vita, le bombe ce la tolgono. Il lavoro crea sicurezza, le bombe la distruggono. Vogliamo che i nostri soldi siano spesi per creare dignità e lavoro, non per comprare altre bombe. Senza lavoro non c’è pace né giustizia. Milioni di persone in Italia non hanno un lavoro dignitoso. Milioni di persone nel mondo vivono nella miseria sotto l’incubo delle bombe. Bisogna cambiare strada. Tagliare le spese militari per liberare risorse, investire sui giovani, sul lavoro e lo stato sociale. Questo chiediamo alla politica e alle istituzioni. Per ritrovare un po’ di pace, per uscire dalla crisi insieme, più liberi ed eguali.”

Tutti i cittadini sono invitati a firmare la petizione sul sito www.perlapace.it oppure su www.facebook.com/LavoroNonBombe.

Mentre la crisi economica e finanziaria continua a colpire i giovani e a mettere in ginocchio tantissime famiglie, l’Italia continua a spendere decine di miliardi di euro per comprare armi, fare la guerra in Afghanistan e mantenere in vita un faraonico apparato militare. Anche quest’anno saranno più di 23 miliardi di euro. Nonostante la forte pressione suscitata dalla mobilitazione contro l’acquisto dei cacciabombardieri F35, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha presentato in Parlamento un pericoloso disegno di legge delega per la revisione delle Forze armate che comporta un chiaro aumento della spesa pubblica e della spesa militare. Conferma l’acquisto di 90 cacciabombardieri F35 (10 miliardi per l’acquisto e 30-40 miliardi per la loro gestione e manutenzione) e disegna una riforma che costerà centinaia di miliardi di euro. Contro questa assurda pretesa è necessario che i cittadini, tanti cittadini, riprendano la parola e dicano chiaro e forte: “Quello che vogliamo è il lavoro, non le bombe!”

Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace


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